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Cosa c’è da sapere sul Regolamento Ue sugli imballaggi in arrivo

Riuso contro riciclo? Una mannaia per le bioplastiche? Il nuovo Regolamento europeo sugli imballaggi, che la Commissione presenterà il 30 novembre, uccide davvero l’economia circolare? Abbiamo analizzato la bozza circolata le scorse settimana e dato voce ai diversi punti di vista

Tra pochi giorni la Commissione Europea presenterà la proposta di Regolamento sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggi. La diffusione di una bozza del documento da parte dell’EU Issue Tracker, il 19 ottobre scorso, ha scatenato un’aspra polemica: visionaria per alcuni, ideologica per altri, la proposta salvo ripensamenti vedrà la luce il 30 novembre.

Intanto nell’industria del riciclo del packaging e delle bevande serpeggia il malcontento, si evoca la morte dell’economia circolare e in Italia il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, parla di un impatto “devastante” sull’industria italiana. Un’industria definita “all’avanguardia su queste tematiche, tanto che oggi gli imballaggi sottratti alla discarica sono l’84%”.

Sulla bozza di direttiva si è espresso anche il Ministero della Transizione ecologica (ormai dell’Ambiente e della Sicurezza energetica), che in una nota stampa del 4 novembre si è detto perplesso “sia per il veicolo normativo scelto, un regolamento, che non lascia alcuna flessibilità di applicazione, sia per i contenuti”. Sulla questione è tornato poi, intervenendo all’Assemblea nazionale dell’Anci lo scorso 23 novembre, il ministro dell’Ambiente e Sicurezza Energetica Gilberto Pichetto Fratin che ha ribadito la posizione: “Se l’Unione europea vuole spingere sul riutilizzo piuttosto che sul riciclo, togliere lo squilibrio non vuol dire che l’Italia debba tornare indietro: devono essere gli altri Paesi europei a fare il passo in avanti”.

Un iter partecipato e ancora da completare

Il “veicolo normativo” che preoccupa così tanto Confindustria e Ministero è appunto il Regolamento, che per sua natura è autoapplicativo, non ha bisogno cioè di essere recepito dall’ordinamento nazionale, come invece accade con le direttive. Il timore è che, davanti a una normativa europea che interviene direttamente a modificare quella italiana, gruppi di interessi e stakeholder del settore non avrebbero spazio di manovra. Non è infrequente, infatti, che l’applicazione di direttive europee nell’ordinamento nazionale abbia dato luogo a interventi che poi hanno creato conflitti con le istituzioni comunitarie. Il caso più recente nel settore dei rifiuti riguarda il recepimento della direttiva SUP (Single Use Plastic) sulle plastiche monouso, che tuttora vede pendente il rischio di una procedura di infrazione, per la modalità con cui il legislatore italiano ha effettuato il recepimento, forzando alcuni passaggi con l’obiettivo di assecondare le richieste che arrivavano da alcuni settori produttivi.

Va aggiunto che il Regolamento sugli imballaggi arriva, come si può leggere nel documento stesso, a valle di una fase consultiva che ha coinvolto più di 800 organizzazioni attraverso richieste di feedback iniziali, questionari pubblici per gli Stati membri, webinar e workshop online: un iter che di sicuro non fa pensare a una “imposizione dall’alto” come ha affermato qualcuno. A maggior ragione se si considera che la data del 30 novembre non rappresenta il momento conclusivo dell’iter di attuazione del provvedimento: la proposta di cui è trapelata una bozza dovrà infatti passare per il Parlamento Europeo, per il Consiglio e per la cosiddetta “Trilaterazione delle Decisioni” (Europarlamento, Consiglio, Commissione) per poi essere approvata, probabilmente a valle di alcune mediazioni, e infine applicata in tutti gli Stati membri.

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Riutilizzo contro riciclo: la protesta delle imprese

Passando ai contenuti contestati da diversi settori industriali, va detto in premessa che il documento prende le mosse da una considerazione sistemica: l’impatto ambientale del packaging – ovvero l’imballaggio e imbottigliamento di prodotti – è ancora troppo elevato e servono sforzi maggiori in tutti i Paesi membri. Come si legge nella bozza circolata in queste settimane, gli obiettivi principali sono tre: ridurre l’attuale livello di produzione di rifiuti da packaging, promuovere i principi dell’economia circolare nel settore e incrementare l’uso di materiale riciclato negli imballaggi.

L’obiettivo della riduzione non si limita a produrre meno rifiuti ma ambisce a ridurre sensibilmente peso e tipologie non necessarie di imballaggi, limitando principalmente la quantità dei materiali (plastica, vetro, carta, alluminio, ecc.) dispersi, aumentando il riciclo e iniziando a lavorare anche sulla determinante del riuso del packaging.

Proprio il tema del packaging riutilizzabile – e in particolare l’obiettivo di riutilizzare il 95% degli imballaggi di bevande da asporto entro il 2040 – è finito nel mirino delle imprese e di diverse associazioni di categoria, secondo cui non sempre il riutilizzo porta più benefici ambientali e in ogni caso puntare sul riuso significa penalizzare fortemente l’eccellenza italiana nel settore del riciclo. Marco Pagani, Direttore Normativa e Rapporti Istituzionali di Federdistribuzione, spiega che “il tasso di riciclo degli imballaggi negli ultimi anni in Italia ha superato ogni previsione, con percentuali intorno al 70%, raggiungendo con anni di anticipo gli obiettivi previsti dall’Europa per il 2030”. Per Pagani è “inadatto che un Regolamento UE vada a disciplinare la materia, mentre sarebbe più opportuno l’utilizzo di una Direttiva come linea di indirizzo che lasci agli Stati membri la possibilità di trovare gli strumenti migliori per sviluppare le rispettive strategie di economia circolare e per implementare i propri sistemi industriali che operano nella gestione dei rifiuti, con tempi di attuazione adeguati”.

La scelta del Regolamento, però, a questo punto appare immodificabile, anche se dopo la levata di scudi delle imprese arrivano notizie da Bruxelles circa una possibile revisione al ribasso del target di riutilizzo al 2040.

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di Carlotta Indiano

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