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8 buoni motivi per spingere sulla riduzione e il riuso degli imballaggi

Dai benefici ambientali al raggiungimento degli obiettivi europei di sostenibilità, dal rispetto della gerarchia dei rifiuti alla resilienza del sistema produttivo nazionale: ecco perché puntare sul riuso conviene

*La proposta di Regolamento su imballaggi e rifiuti di imballaggio (PPWR) pubblicata dalla Commissione Europea nel Novembre 2022 ha suscitato, fin dall’inizio, un numero di reazioni senza precedenti. Le nuove regole, volte a rafforzare la prevenzione il riuso e il riciclo degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio, si inseriscono in quadro ben più ampio, che coinvolge tutti i settori economici, nessuno escluso, al fine di ricondurre la pressione sui sistemi naturali esercitata dai modelli prevalenti di produzione e consumo all’interno di quello che la comunità scientifica internazionale definisce lo “spazio operativo sicuro” al di fuori del quale vi è il rischio di innescare cambiamenti irreversibili nella stabilità della biosfera.

Pensare globalmente, agire localmente”, il vecchio slogan che viene utilizzato per evocare l’Agenda 21, il programma di azione scaturito dalla Conferenza sull’ambiente e lo sviluppo delle Nazioni Unite di Rio de Janeiro nel lontano 1992, risulta oggi, a 30 anni di distanza, ancora più cogente. L’evidente fallimento del percorso che avrebbe dovuto “ricondurre lo sviluppo sui binari della sostenibilità”, l’inadeguatezza delle azioni messe in campo per traguardare al 2030 i “nuovi” obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite e lo stato di salute della biosfera fotografato dal recente studio dal titolo evocativo “Earth beyond six of nine planetary boundaries”, impongono una riflessione profonda sulla portata e sui tempi del cambiamento richiesto e sulle conseguenze sociali, ambientali ed economiche di una risposta non commisurata all’entità dei problemi che, volenti o nolenti, siamo chiamati ad affrontare.

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Fonte: Studio “Earth beyond six of nine planetary boundaries“

A livello Europeo, la traiettoria attuale appare ancora incompatibile con la dimensione e i tempi del cambiamento richiesto. Le conseguenze sono già ampiamente visibili anche nel nostro paese, sia sul piano ambientale/climatico, sia su quello economico, in particolare sulle filiere di approvvigionamento, mostrando l’estrema vulnerabilità dell’attuale assetto caratterizzato, a dispetto dei numeri apparentemente rassicuranti sui tassi nazionali di raccolta differenziata ed avvio a riciclo, da una profonda dipendenza dell’economia italiana dall’approvvigionamento di materie prime ed energia dall’estero. Nonostante il tasso di circolarità dei materiali in Italia nel 2021 (18,4%) resti più alto della media UE (11,7%) e al quarto posto in Europa dopo Olanda, Belgio e Francia, oltre l’80% del fabbisogno di materie prime del sistema produttivo italiano è rappresentato da materie prime vergini. Il riciclo, da solo, evidentemente non basta.

Secondo la Commissione europeail settore degli imballaggi è uno dei principali utilizzatori di materie prime: il 40% di tutte le materie plastiche e il 50% della carta utilizzata in Europa viene impiegato proprio per la fabbricazione di imballaggi. Contrariamente agli obiettivi (aspirazionali e non vincolanti) di prevenzione dei rifiuti storicamente presenti nel quadro di regolazione europeo, la produzione di imballaggi usa e getta (e dei relativi rifiuti) è aumentata negli anni, ed è aumentata ad un tasso superiore alla crescita economica, contribuendo alla crescita delle emissioni di CO2 e di altre sostanze, allo sfruttamento eccessivo delle risorse naturali, alla perdita di biodiversità e all’inquinamento (La produzione totale di rifiuti di imballaggio nell’UE è aumentata da 66 milioni di tonnellate nel 2009 a 78,5 milioni di tonnellate nel 2019 (una crescita del 19%, superiore a quella del Reddito nazionale lordo – RNL. Si prevede inoltre che il totale dei rifiuti di imballaggio generati in Europa aumenterà a 92 milioni di tonnellate nel 2030 e a 107 milioni di tonnellate nel 2040). L’Italia non fa eccezione: dal 1998 al 2022 la quantità in peso degli imballaggi immessi al consumo nel nostro paese è cresciuta del 35%, passando da 10,7 a 14,5 milioni di tonnellate. I dati Eurostat e le analisi sul mercato del packaging evidenziano inoltre un trend negativo in materia di “design for recycling”, ovvero un uso diffuso e crescente di caratteristiche di progettazione che ostacolano i processi di riciclo.

 

Appare evidente, come sottolineato dalla Commissione nelle premesse alla bozza di Regolamento (PPWR), che il quadro normativo attuale delineato dalla Direttiva 94/62 caratterizzato dalla presenza di target vincolanti per il solo riciclo, non è stato in grado di invertire la tendenza all’aumento della quantità di materiali ed energia in ingresso al metabolismo economico della filiera del packaging. In sintesi, l’obiettivo principale delle politiche ambientali europee, ovvero il disaccoppiamento assoluto della crescita economica dal consumo di risorse naturali e dagli impatti ambientali non si è realizzato e, certamente, non nella misura e nei tempi necessari.

Le motivazioni di quella che viene percepita in Italia come una mancanza di considerazione, da parte della Commissione, delle performance di riciclo raggiunte nel nostro paese, sono rinvenibili, pertanto, nel cambio di approccio della regolazione Europea in materia di gestione dei rifiuti: un cambio di approccio che, progressivamente, tende a spostare o meglio ad allargare l’attenzione dalla gestione dei rifiuti (a valle dei modelli di produzione e consumo) alla gestione delle risorse e alla tutela e ripristino degli ecosistemi.  L’obiettivo principale della proposta di regolamento della commissione non è più, soltanto, quello di garantire che i rifiuti prodotti siano raccolti e avviati, almeno in parte, a riciclo, ma quella di ricondurre la pressione complessiva sui sistemi naturali esercitata dalla produzione e dal consumo di beni a livello europeo, all’interno dello “spazio operativo sicuro” delineato dalla comunità scientifica internazionale. Nessun paese europeo, Italia inclusa, può chiamarsi fuori da questo obiettivo, che richiede una riduzione rapida e consistente del consumo di materie prime ed energia, delle emissioni di gas serra, degli impatti sulla biodiversità e sulla salute degli ecosistemi che il consumo porta con sé, dall’estrazione delle materie prime, fino alla gestione dei rifiuti a fine vita. Rispetto al passato, la proposta di Regolamento porta con se i semi di un cambio di paradigma nella regolazione della gestione dei rifiuti, una metamorfosi, evocata dal Green Deal Europeo e dall’Ottavo programma di azione ambientale della UE, che guarda con grande preoccupazione alla strutturale dipendenza dell’Europa dalle importazioni di materie prime ed energia dall’estero, alla instabilità della situazione geopolitica internazionale e ai segnali di cedimento delle colonne portanti su cui poggia la stabilità della biosfera.

Nel seguito, alla luce delle contrapposizioni emerse in questi mesi alle misure e agli obiettivi di prevenzione e riuso presenti nella proposta di regolamento della Commissione, proverò ad entrare nel merito di alcune delle questioni aperte, rispondendo alla domanda: perché è importante e assolutamente necessario un quadro di regolazione europeo solido che rafforzi, oltre al riciclo, anche prevenzione e riuso?

Leggi anche lo SPECIALE | Regolamento Imballaggi

 

di Paolo Azzurro

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